sabato 31 gennaio 2009

martedì 27 gennaio 2009

Tutti invitati

FESTA DI SAN GIOVANNI BOSCO

La Famiglia Salesiana per la salvezza dei giovani

Intervengono: S. E. il Vescovo Mons. Michele Pennisi, Don Edoardo Cutuli (Coordinatore della famiglia salesiana), Sr. Maria Pisciotta (consigliera ispettoriale formazione FMA).

Giovedì 29 Gennaio:

ore 17,00 ROSARIO e S.MESSA,
Don Edoardo Cutuli, SDB
Animazione a cura dei Salesiani Cooperatori – Promessa di 4 nuovi Salesiani cooperatori


0re 19.00
Incontro di Don Edoardo con i nuovi aspiranti cooperatori

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Venedì 30 Gennaio
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ore 07,00 Santa Messa

ore 17,00 ROSARIO e S.MESSA. Don Edoardo Cutuli, SDB
Animazione a cura dei Salesiani Cooperatori


ore 19,00 CONCERTO PER DON BOSCO (Coro della chiesa di San Giovanni)
Trio d’archi dell’Orchestra Kore di Enna, Sergio Adamo, violino Fabio Distefano, violino Laura Verde, violino.

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Sabato 31 Gennaio
:

ore 07,00 Santa Messa

ore 17,00 ROSARIO e S.MESSA. S.E.Mons. Michele Pennisi, vescovo
Animazione a cura delle Ex-Allieve (durante la celebrazione ci sarà il rinnovo del tesseramento)

ore 19,00 TAVOLA ROTONDA “I giovani e la famiglia a Piazza Armerina”

ore 21,00 Don Bosco in musica

sabato 24 gennaio 2009

San Francesco di Sales ammaestra Don Bosco in sogno

Il 9 maggio 1879 Don Bosco raccontò di avere assistito in sogno a due grandi battaglie: la prima di giovani contro guerrieri di va rio aspetto e con armi strane: in fine rimasero pochissimi supersti ti. La seconda battaglia, «più accanita e orribile», avvenne tra mostri giganteschi e uomini di alta statura bene armati e bene esercitati. Questi uomini issavano uno stendardo sul quale erano scritte in oro queste parole: MARIA AUXILIUM CHRISTIANORUM. La battaglia fu lunga e sanguinosa, ma quelli che seguivano lo sten dardo furono vincitori e rimasero padroni di una vastissima pianura. A questi si aggiunsero i giovani superstiti della battaglia an tecedente e formarono una specie di esercito, aventi ognuno come arma nella destra il SS. Crocifisso, nella sinistra un piccolo stendardo di Maria Ausiliatrice. I novelli soldati fecero molte manovre in quella vasta pianura, poi si divisero, gli uni per l’Oriente, pochi al Nord, molti al Mezzodì. Scomparsi questi, si rinnovarono le stesse battaglie e le partenze per le stesse direzioni. Don Bosco riconobbe alcuni delle prime battaglie; gli altri gli erano sconosciuti, ma essi dimostravano di conoscere lui e gli facevano molte domande. Successe poco dopo una pioggia di fiammelle splendenti che sem bravano di fuoco di vario colore. Tuonò poi si rasserenò il cielo e Don Bosco si trovò in un amenissimo giardino. Là gli comparve un uomo che aveva la fisionomia di San Francesco di Sales e gli offrì un piccolo libro senza parlare. Don Bosco chiese chi fosse. — Leggi nel libro — rispose. Don Bosco aprì il libro e lesse: «Ai novizi: Ubbidienza in ogni cosa. Con l’ubbidienza menteranno le benedizioni di Dio e la benedizione degli uomini. Ai Salesiani: Custodire gelosamente la virtù della castità. Ama re il buon nome dei confratelli e promuovere il decoro della Con gregazione. Ai direttori: Ogni cura, ogni fatica per osservare e far osservare le Regole con cui ognuno si è consacrato a Dio. Al Superiore: Olocausto assoluto per guadagnare sé e i suoi soggetti a Dio». — Chi siete voi? — domandò di nuovo Don Bosco a quell’uo mo che lo stava guardando con sguardo sereno. — Il mio nome è noto a tutti i buoni e sono mandato per comunicarti alcune cose future. — Quali? — Quelle che chiederai. — Che debbo fare per promuovere le vocazioni? — I Salesiani avranno molte vocazioni con la loro esemplare condotta, trattando con somma carità gli allievi e insistendo sulla frequente Comunione. — Che cosa si deve osservare nell’accettazione dei novizi? — Escludere i pigri e i golosi. — E nell’ammettere ai voti? — Vegliare se vi è garanzia sulla castità. — Come si può conservare il buono spirito nelle nostre case? — Da parte dei superiori scrivere, visitare, trattare con benevolenza, e ciò con molta frequenza. — Come dobbiamo regolarci nelle Missioni? — Mandare individui sicuri nella moralità; richiamare coloro che ne lasciassero intravedere grave dubbio; studiare e coltivare le vocazioni indigene. — La nostra Congregazione cammina bene? — Qui iustus est iustiflcetur adhuc. Non progredi regredi est. Qui perseveraverit salvus erit. (Chi è santo diventi più santo. Non progredire è regredire. Chi avrà perseverato sarà salvo). — Si dilaterà molto? — Finché i superiori faranno la parte loro crescerà, e nessuno potrà arrestarne la diffusione. — Durerà molto tempo? — La vostra Congregazione durerà finché i soci ameranno il la voro e la temperanza. Mancando una di queste due colonne, il vostro edificio crollerà schiacciando superiori e sudditi con i loro seguaci. In quel momento comparvero quattro individui che portavano una cassa mortuaria. Camminavano verso Don Bosco. — Presto? — Non domandano; pensa solo che sei mortale. — Che cosa mi volete significare con questa bara? — Che devi far praticare in vita quello che desideri che i tuoi figli pratichino dopo dite. Questa è l’eredità, il testamento che devi lasciare ai tuoi figli; ma devi prepararlo e lasciarlo ben com piuto e ben praticato. — Ci sovrastano fiori o spine? — Vi sovrastano molte rose, molte consolazioni; ma sono im minenti pungentissime spine, che cagioneranno in tutti profondis sima amarezza e cordoglio. Bisogna pregare molto. — A Roma dobbiamo andare? — Sì, ma adagio, con la massima prudenza e raffinate cautele. Don Bosco dice che voleva fare ancora altre domande; ma a questo punto scoppiò il tuono con lampi e fulmini e si svegliò.
Don Bosco aveva scelto come Maestro e Protettore San Francesco di Sales. Ed ecco, in questo sogno, il santo Dottore dargli sapienti norme per far fiorire la Congregazione Salesiana. Nella prima parte del sogno Don Bosco aveva assistito alle lotte che avrebbero dovuto affrontare i chiamati a far parte della sua nuova Famiglia religiosa.

giovedì 22 gennaio 2009

Vita donata, Amore concreto, Esempio da seguire

LAURA VICUÑA è il nome di una bambina vissuta in Argentina tra il 1891 e il 1904.
Nacque a Santiago del Cile. Del padre si conosce solo che era un capitano dell’esercito cileno e che scomparve pochi mesi dopo la nascita di Laura.
La madre Mercedes Pino, persona colta, fine ed elegante, di buon carattere, sapeva suonare la chitarra e cantare, esperta nel mestiere di sarta e modista.
Ebbe, 14 mesi dopo Laura, una seconda bambina Julia Amanda.
Dopo alcune sofferte peregrinazioni, Mercedes e le due figlie si trasferiscono in Argentina.
Nel febbraio del 1900, Laura e Amanda entrano nel collegio “Maria Ausiliatrice” a Junin, sperduto e povero paese sulle Ande.
La mamma invece va a Quilquihué a 15 km da Junin, a dirigere le cose di casa in una delle fattorie di Manuel Mora, ricco proprietario terriero, che coltivava le terre nella valle Chapelco ed aveva alle sue dipendenze operai, coltivatori, guardiani di greggi e le loro famiglie.
Il “collegio”, affiancato al Collegio Don Bosco, era una costruzione esigua e povera, poteva ospitare quindici bambine interne e circa venti esterne.
Il personale educativo contava otto persone di cui cinque suore giovani ed entusiaste.
Laura entra quindi a far parte della grande famiglia salesiana ed ad assorbirne i principi di vita e spiritualità.
Nel cammino religioso fu afflitta dalla situazione di sua madre che il Morra maltrattava fisicamente e moralmente.

Tre sono i propositi che prende:

“Primo: O mio Dio, voglio amarti e servirti per tutta la vita; perciò ti dono l’anima, il cuore e tutto il mio essere.
Secondo: Voglio morire piuttosto che offenderti con il peccato; perciò intendo mortificarmi in tutto quello che mi potrebbe allontanare da te.
Terzo: Propongo di fare quanto so e posso perché tu sia conosciuto e amato; e per riparare le offese che ricevi ogni giorno dagli uomini, specialmente dalle persone della mia famiglia.Mio Dio, dammi una vita di amore, mortificazione, sacrificio”.
Nel gennaio 1902 Laura andò in vacanza da sua madre ma i due mesi furono piuttosto tormentati.
Non è chiaro se Mora andò oltre nelle sue attenzioni verso la bambina ma di certo si accanì verso la madre e non volle più pagare il collegio per le figlie.
Le suore le accolsero gratuitamente.
Laura fece il voto privato: offriva la sua vita al Signore e a Maria per la conversione della mamma. Si mise al servizio degli altri nelle molteplici occupazioni domestiche, divenne l’assistente, la catechista e la piccola mamma delle nuove allieve.
Era sempre stata di salute fragile, si ammalò di tisi.
Alle ore 18 del 22 gennaio 1904 morì a soli tredici anni.
Il suo ultimo pensiero fu la conversione della madre.
Mercedes giurò e, il giorno dopo il funerale, lasciò il Mora e fuggì con Amanda in Cile.
Il 3 settembre 1988 Giovanni Paolo II al colle Don Bosco proclamava Laura beata.
Attualmente i suoi resti sono conservati nella cappella dell’istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice a Bahia Blanca.

Cosa ci dice Laura oggi? Cosa dice ai tanti ragazzi della sua età?
Laura non conosce l'egoismo e la comodità, di contro sa bene cosa siano il sacrificio e la privazione. Eppure è capace di tanto amore.
Quanto appare lontana Laura dai nostri giorni: oggi i ragazzi non sono più abituati al sacrificio, vogliono "tutto e subito", non sempre hanno voglia di fare e di fare per gli altri. E allora perchè Laura può dire qualcosa OGGI?
Perchè Laura è testimone di come l'Amore non abbia confini, superi addirittura il valore della propria vita: questo offre Laura in cambio della salvezza della madre. Laura testimonia la gioia di seguire Cristo e di affrontare la Vita con tutto quello che riserva, gioie e dolori. Laura è Vita donata, è Amore concreto, è esempio da seguire.

lunedì 19 gennaio 2009

Le foto della Formado



Se volete ricevere le foto in qualità originale via mail, scrivete a lallacrazy@yahoo.it.
A breve, qualche video della giornata.

domenica 18 gennaio 2009

Testimonianze di vita: Salvatore Profeta

Il mio incontro con Gesù:

Quando ero piccolo pensavo che un volta finito il famoso “catechismo” avrei chiuso con tutto ciò che riguardava la chiesa come fanno tutti i ragazzi.

Invece all’età di 14 anni mi arriva una chiamata strana: io ero sotto la doccia,un ragazzo mi dice che la domenica successiva ci sarebbe stata una festa giovani a Piazza Armerina e mi chiedeva se volevo andarci con loro. Lì per lì ho accettato; ho conosciuto i ragazzi che mi hanno contattato e da allora mi sono lasciato affascinare, ho sentito che mi era stata affidata una missione: stare accanto ai giovani. Quella della festa giovani è stata un’esperienza fantastica: tanti giovani uniti sotto un solo nome, quello di Gesù . Giovani provenienti da tutta la diocesi di Piazza Armerina ,tanta musica, tante emozioni. Quando è stata celebrata la SS messa è calato il silenzio e tutti eravamo raccolti in preghiera . Mi sono detto “non ho mai visto niente di simile fino ad ora. Se è questo Gesù voglio esserci anche io!”

Il primo giorno di oratorio:

Un paio di domeniche dopo mi sono presentato presso l’oratorio salesiano di Piazza Armerina, dove i miei nuovi amici facevano gli animatori. Non potrò mai dimenticare il primo momento d’incontro con gli altri ragazzi. Di solito si usa fare un inno dell’anno che si canta e si balla tutti insieme prima dell’ inizio delle attività. Quell’anno l’inno inizziava con quesa frase “moto moto moto moto nuvole sfrecciano nel blu planano la su…..ecc” e fu proprio li che ho conosciuto un'altra ragazza che ballava davanti a me e mi ha dato il ben venuto… questa ragazza è diventata la mia migliore amica da lì insieme ad altri ragazzi e ragazze abbiamo vissuto esperienze indimenticabili ,ci siamo ritrovati insieme a studiare, aiutare, creare, e divertirci sempre. Tra alti e bassi come in tutte le migliori famiglie siamo arrivati ad oggi.

Il mio primo gruppo:

Come tutti i ragazzi mi piace il calcio e la mia prima attività da animatore è stata quella di allenare la squadra di calcio dell’ oratorio; ho accetato l’incarico che avevo solo 14 anni, pochissima esperienza con i bambini ma tanta voglia di fare, che solo in quell’età si ha. Avevo anche un po’ di esperienza con il calcio infatti giocavo nella squadra di Piazza Armerina. L’ingresso nella palestra dell’oratorio è stato un po’ sconvolgente perché come primo incontro mi avevano affidato circa 40 bambini. La stanza non è molto grande quindi c’era molta più confusione del previsto ,bimbi che gridavano e palle come missili, ho subito pensato a come fare per farmi ascoltre. Ancora ricordo il mio primo discorso come se fosse ieri, gridando ho chiesto: “vi piace giocare a calcio?” consapevole della risposta affermativa, mi sono guadagnato un po’ di silenzio, ho diviso i ragazzi in squadre e abbiamo iniziato a giocare. Mi sono conquistato la loro fiducia. Da quel momento ho instaurato un rapporto con loro che con il passare degli anni si è rafforzato,ancora oggi quando ci vediamo per strada ci fermiamo a parlare, e questa è una cosa che i riempie di gioia.

L’addio alle suore e un nuovo inizio:

Già da un anno si vociferava in giro che le suore dell’oratorio sarebbero andate via (quando ho iniziato a fare l’Animatore ancora l’Oratorio era gestito dalle FMA, Figlie di Maria Ausiliatrice, o semplicemente suore salesiane). Anche se noi non volevamo crederci quel giorno è arrivato a giugno del 2001. Tememmo che tutto l’oratorio chiudesse. Eravamo in cortile come ogni anno a preparare il GREST . Veniamo chiamati dall’interno e lì capiamo che ormai era tutto finito, le lacrime scendevano giù da sole, il pensiero che le suore e tutto ciò che ci avevano insegnato non avrebbero avuto un continuo ci deprimeva. Ma in realtà non era così, la Provvidenza è venuta a farci visita: due giovani cooperatori salesiani accettano di continuare a gestire l’Oratorio in maniera laica, e ci pongono una nuova sfida: “noi ci siamo. e voi??”. Inizialmente la strada si è fatta ripida, il cambiamento ci ha un po’ sconvolto. Ma pian piano siamo cresciuti e ci siamo resi conto che questo era solo un NUOVO INIZIO. Tutto da vivere e da scoprire.

Salvatore Profeta

Il primo ragazzo dell'Oratorio di Don Bosco


Il giorno solenne all’Immacolata Concezione di Maria (8 dicembre 1841) all’ora stabilita era in atto di vestirmi dei sacri paramenti per celebrare la santa messa. Il chierico di sacristia, Giuseppe Comotti, vedendo un giovanetto in un canto lo invita di venirmi a servire la messa. “Non so”, egli rispose tutto mortificato.

— Vieni, replicò l’altro, voglio che tu serva messa.

— Non so, replicò il giovanetto, non l’ho mai servita.

— Bestione che sei, disse il chierico di sacristia tutto furioso, se non sai servire messa, a che vieni in sacristia? Ciò dicendo da di piglio alla pertica, e giù colpi sulle spalle o sulla testa di quel poverino. Mentre l’altro se la dava a gambe: Che fate, gridai ad alta voce, perché battere costui in cotal guisa, che ha fatto?

— Perché viene in sacristia, se non sa servir messa?

— Ma voi avete fatto male.

— A Lei che importa?

— Importa assai, e un mio amico, chiamatelo sull'istante, ho bisogno di parlare con lui.

“ Ragazzo, ragazzo”, si mise a chiamare; e correndogli dietro, e assicurandolo di miglior trattamento me lo ricondusse vicino.

L’altro si approssimò tremante e lacrimante per le busse ricevute. Hai già udita la messa? gli dissi colla amorevolezza a me possibile.

— No, rispose l’altro.

— Vieni dunque ad ascoltarla; dopo ho piacere di parlarti di un affare, che ti farà piacere. Me lo promise. Era mio desiderio di mitigare l'afflizione di quel poveretto e non lasciarlo con quella sinistra impressione verso ai direttori di quella sacristia. Celebrata la santa messa e fattone il dovuto ringraziamento condussi il mio candidato in un coretto. Con faccia allegra ed assicurandolo, che non avesse più timore di bastonate, presi ad interrogarlo così:

— Mio buon amico, come ti chiami?

— Mi chiamo Bartolomeo Garelli.

— Di che paese tu sei?

— D'Asti.

— Vive tuo padre?

— No, mio padre è morto.

— E tua madre?

— Mia madre e anche morta.

— Quanti anni hai?—Ne ho sedici.

— Sai leggere e scrivere?—Non so niente.

— Sei stato promosso alla s. comunione?—Non ancora.

— Ti sei già confessato?

— Si, ma quando era piccolo.

— Ora vai al catechismo?—Non oso.—Perché?

— Perché i miei compagni più piccoli sanno il catechismo; ed io tanto grande ne so niente. Perciò ho rossore di recarmi a quelle classi.

— Se ti facessi un catechismo a parte, verresti ad ascoltarlo?

— Ci verrei molto volentieri.

— Verresti volentieri in questa cameretta?

— Verrò assai volentieri, purché non mi diano delle bastonate. I

— Sta tranquillo, che niuno ti maltratterà. Anzi tu sarai mio amico, e avrai da fare con me e con nissun altro. Quando vuoi che cominciamo il nostro catechismo?

— Quando a Lei piace.—Stasera?—Si.

— Vuoi anche adesso?

— Si anche adesso con molto piacere.

Mi alzai e feci il segno della S. Croce per cominciare, ma il mio allievo nol faceva perché ignorava il modo di farlo. In quel primo catechismo mi trattenni a fargli apprendere il modo di fare il segno della Croce e a fargli conoscere Dio Creatore e il fine per cui ci ha creati. Sebbene di tarda memoria, tuttavia coll’assiduità e coll’attenzione in poche feste riuscì ad imparare le cose necessarie per fare una buona confessione e poco dopo la sua santa comunione. A questo primo allievo se ne aggiunsero alcuni altri e nel corso di quell'inverno mi limitai ad alcuni adulti che avevano bisogno di catechismo speciale e soprattutto per quelli che uscivano dalle carceri. Fu allora che io toccai con mano, che i giovanetti usciti dal luogo di punizione, se trovano una mano benevola, che di loro si prenda cura, li assista nei giorni festivi, studi di collocarli a lavorare presso di qualche onesto padrone, e andandoli qualche volta a visitare lungo la settimana, questi giovanetti si davano ad una vita onorata, dimenticavano il passato, divenivano buoni cristiani ed onesti cittadini. Questo è il primordio del nostro Oratorio, che benedetto dal Signore prese quell'incremento, che certamente non avrei potuto allora immaginare.


Don Bosco






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