lunedì 1 febbraio 2010

Messaggio del Rettor Maggiore all'MGS

«VOGLIAMO VEDERE GESÙ»
Messaggio del Rettor Maggiore al MGS
Nel centenario della morte di don Michele Rua
Roma, 31 gennaio 2010
Carissimi Giovani,
eccomi qui, fedele al nostro appuntamento, in occasione della festa di Don Bosco, “padre ed amico dei giovani”. Quest’anno il nostro incontro, che lamento sia solo virtuale, anche se non meno vero ed autentico, coincide con l’inizio del centenario della morte di Don Rua, primo successore di Don Bosco e, senza dubbio, suo discepolo più fedele e meglio riuscito.
Questa è, di fatto, una delle motivazioni principali per la scelta del tema della Strenna offerta a tutta la Famiglia Salesiana per quest’anno 2010: “A imitazione di don Rua, come discepoli autentici e apostoli appassionati, portiamo il vangelo ai giovani”.
Ebbene, io voglio essere il primo ad accogliere il programma spirituale e pastorale della Strenna e attraverso questo messaggio, a mo’ di dialogo tra voi e me, vi offro il vangelo e desidero farvi vedere Gesù, affinché anche voi possiate diventare suoi discepoli, testimoni ed apostoli.
Spesso, quando vi incontro, percepisco in voi un grande desiderio di trovare il Signore. Forse non riuscite ad esprimere questo desiderio con chiarezza, ma io raccolgo comunque il vostro anelito più profondo, quello che abita il vostro cuore. Vi prendo per mano e vi porto al mio Maestro, al mio Signore e mio Dio.

«Don Pascual, vogliamo vedere Gesù!»
Se lo desiderate davvero, dovete avere buoni piedi e orecchi attenti. Perché Gesù cammina. E non si ferma mai! Per trovarlo dovreste ascoltare il canto dei granelli di sabbia sollevati dai suoi piedi. Tutto diventa nuovo al suo passaggio e il suo passaggio non conosce fine.
Conserva una falcata di vantaggio e la sua parola è come Lui, incessantemente in movimento, senza fine nell’atto di dare tutto, di far conoscere tutto di se stesso. Sono trascorsi duemila anni, ma Lui sembra essere appena passato. La storia ancora freme per il suo passaggio, come dopo lo scoppio di una bomba. E il mondo non è più quello di prima. Nessuno ha mai parlato di Dio come quest’uomo, nessuno ci ha amati come Lui, nessuno si è donato totalmente come Lui fino ad annientarsi. Nessuno ha comandato come Lui al vento e al mare, agli spiriti malvagi che tormentano e distruggono nell’uomo la parte migliore della sua umanità, nessuno come Lui ha sconfitto la morte e vinto il peccato. È diverso da tutti gli altri.
Per questo tanti lo odiano, come si odiano coloro che non si sono omologati al pensiero corrente.
«Io non ho un posto per dormire quando scende la notte. Non ho un nascondiglio, se qualcuno mi cerca. Le volpi hanno le loro tane, gli uccelli il loro nido; io vivo senza protezione fra pericoli e minacce. Chi aspira a farsi strada seguendo i metodi consueti, da me non trova ciò che cerca».
A quelli che incontra, dice: «È venuta l’ora di cambiare!».
«Dio è qui in mezzo a voi e nulla e nessuno può più fermarlo».

«È lui quello che cerchiamo. Va’, portagli la nostra domanda»
Non è necessario. Lui sa quello che volete. Sulle rive del lago, la gente lo assedia e gli chiede: «Qual è il tuo messaggio?» Gesù guarda i pescatori che stanno gettando le reti. La sua risposta è molto diversa da come ce la saremmo aspettata. Non fa un comizio né una conferenza, ma dice: «Venite! Perché continuate a pescare? Salvate piuttosto chi annega, uomini e donne con l’acqua alla gola! Ho bisogno di voi! Voglio farvi pescatori di uomini».
Ed essi lasciano le reti, la barca, genitori, mogli e figli. Vanno con lui. «Volete davvero sapere chi sono? Fate strada con me e avrete una risposta!» dice Gesù. Ci vuole coraggio ad andare controcorrente. È scomodo lasciare la pigra quiete dei giorni sempre uguali ed iniziare un nuovo cammino.
Un giorno un giovane come voi viene a cercare Gesù e gli chiede: «Maestro, cosa devo fare per diventare come Dio mi vuole? Confidami il segreto di questa felicità!»
Gesù risponde: «Tu conosci i comandamenti di Dio: Non uccidere. Non commettere adulterio. Non rubare. Non giurare il falso. Onora tuo padre e tua madre».
«Maestro – replica il giovane – tutto questo l’ho rispettato con rigore fin dalla più tenera infanzia». Gesù lo guarda con amore e gli dice: «Ti manca una cosa soltanto per arrivare alla meta: torna a casa, vendi tutti i tuoi beni e dona il ricavato ai poveri. Poi vieni e seguimi». Ma il giovane si fa scuro in volto e se ne va.
Seguire Gesù non significa prendere “una” decisione. Significa prendere “la” decisione. Significa rischiare tutto puntando su una sola carta. Significa assumere come propria la decisione che Lui ha preso nei nostri riguardi: «Vi assicuro che non c’è amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici».
E per rendere tutto più chiaro, tutto più concreto, Gesù offre una sua spiegazione attraverso due parabole: «Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo. Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra».
Gesù si spinge fino al paradosso: in un’altra parabola, elogia un amministratore infedele e disonesto, colpevole di falso in atto pubblico, truffa, appropriazione indebita e corruzione. Solo per far notare che quell’uomo si ingegna per garantirsi il futuro: è previdente. È un disonesto, ma con coerenza segue una linea molto diritta: mira senza scrupoli al proprio profitto.
Cari Giovani, Amici miei e di Don Bosco, non potete vivere senza sapere ciò che veramente conta, senza sapere qual è il senso della vita. Perché la vita è tutto quello che avete.
L’unica carta sicura su cui potete puntare, rischiando tutto, è proprio Lui, Gesù.

«Ma, don Pascual, il Regno di Dio non è per noi. È una cosa troppo alta e difficile»
Se Gesù ti vuole bene e ti chiama, puoi alzarti, puoi muoverti! Puoi cambiare direzione, iniziare un nuovo cammino. Basta sapersi, sentirsi e volersi amato da Lui. Basta cambiare le tue abitudini, ripensare le tue convinzioni. Così hanno fatto i primi discepoli: chiamati uno ad uno per nome, senza indugio si sono messi in cammino dietro a Lui.
Nella vita di ogni uomo c’è un giorno, un’ora che lascia un ricordo indimenticabile. È il momento in cui accade qualcosa di nuovo, è il momento in cui una vita cambia totalmente. «Erano circa le quattro del pomeriggio», ricorda Giovanni, quando incontrarono Gesù.
Dio – e la Scrittura ci dà molte testimonianze – fa le sue scelte senza badare a censo, doti o qualità personali; anzi, spesso, sceglie paradossalmente i più deboli, i poveri, gli ignoranti del mondo. Talvolta egli chiama in modo impetuoso, quasi violento: è il caso di Paolo, atterrato sulla via di Damasco. Spesso, al contrario, lo fa in forma semplice e suadente. Tale fu l’invito rivolto ai due discepoli di Giovanni Battista.
Il più delle volte Dio, per chiamare una persona, si avvale di una mediazione umana: il Battista per Andrea e Giovanni, Andrea per suo fratello Simone, Filippo per Natanaele. Così allora…! E oggi? Oggi si serve di me per chiamare Te! Vieni! Ti invito a conoscerlo!
È vero. Non è stato facile per i discepoli capire la “logica” del loro Maestro, ma alla fine si sono resi conto che fuori di Lui non avrebbero trovato parole capaci di dare luce e forza per raggiungere quella pienezza di vita che Gesù aveva loro indicato.
E non solo loro. Zaccheo, un pubblicano, cioè un esattore delle imposte, era un daziere che riscuoteva le tasse per i romani. Agli occhi della gente, un ‘collaborazionista’, un traditore, disprezzato e odiato dai ‘veri’ giudei. Proprio questo Zaccheo, traditore e disonesto, sente dire che Gesù sta entrando in Gerico. Egli ha sentito parlare di quest’uomo. Dentro di sé sente una forte attrazione: vorrebbe conoscere o, almeno, vedere Gesù. Lascia il banco delle imposte e corre dove la folla si accalca attorno al Maestro. C’è troppa gente e lui, piccolo di statura, anche saltellando, non riesce a vedere proprio nulla. Allora corre più avanti e sale su un albero. Il ricco, potente e certamente odiato Zaccheo, va ad appollaiarsi tra i rami di un sicomoro. Il suo grande desiderio gli ha fatto perdere ogni dignità e l’ha reso ridicolo agli occhi della gente. Tutti ridono di lui e anche Gesù dovette sorridere, ma poi scrutando il fondo del suo cuore, gli dice: «Vieni giù, Zaccheo, perché oggi devo fermarmi da te». Zaccheo scende, corre a casa.
Le autorità religiose di Gerico e i giudei benpensanti sono seccati, furiosi e feriti. Tutti mormorano e dicono: «È andato in casa di un peccatore!». Sono scioccati e hanno come l’impressione di non capire niente. È il mondo alla rovescia: il Messia a casa dei peccatori!
Ma Gesù fa sempre così. Sconvolge il nostro mondo egoista e ipocrita, lo manda in tilt e non gli importa dell’ordine costituito. Rovescia i valori stabiliti, per mettere al loro posto un ordine sociale del tutto nuovo.
Gesù è in casa di Zaccheo e non gli dice di lasciare la moglie, di vendere la casa, di distribuire i beni ai poveri e di seguirlo. Gli dice soltanto: «Oggi mi fermo da te».
Le chiamate di Gesù sono di due tipi. Al giovane ricco dice: «Va’, vendi tutto ciò che hai e seguimi. Non prenderti bagagli, non ti serviranno, provvederò io a te. Io sarò il tuo Bene». A Zaccheo invece: «Oggi devo fermarmi da te». Quest’ultima chiamata non è più facile della prima. A Zaccheo infatti scombussola tutto il suo modo di essere e di vivere.
Quando Gesù dice di voler vivere da noi e noi lo riceviamo in casa nostra, allora molte cose cambiano dentro di noi e il nostro modo di vivere si rivoluziona. Quando accogliamo Gesù nella nostra vita, Egli ci libera da tutto quanto non è Dio.
Una sola cosa conta: accoglierlo! E per questo occorre essere pronti e vigilanti: nel momento in cui ricevi la sua chiamata, hai la possibilità di diventare una persona libera, capace di disporre di te stesso per mettere la tua vita a servizio suo e degli altri.

«Credi allora davvero che Dio abbia bisogno di noi?»
Per prima cosa Gesù ha voluto degli uomini intorno a sé: dodici amici, una comunità, un popolo. Poi fa molto di più: rappresenta se stesso e la Chiesa come una vite: «Io sono la vera vite. Rimanete uniti a me, e io rimarrò unito a voi. Come il tralcio non può dar frutto da solo, se non rimane unito alla vite, neppure voi potete dar frutto, se non rimanete uniti a me. Io sono la vite. Voi siete i tralci. Se uno rimane unito a me e io a lui, egli produce molto frutto; senza di me non potete far nulla».
Nei suoi amici scorre lo stesso suo sangue. «Io sono voi e voi siete me», afferma. «E questo è il segno per riconoscerci: si chiama Eucaristia. Siamo lo stesso corpo. In noi scorre lo stesso sangue. Ora voi siete le mie mani, i miei piedi e il mio cuore».
Dopo averlo crocifisso, i suoi nemici pensavano: lo abbiamo eliminato! Un volta per sempre, abbiamo messo una pietra sopra Gesù di Nazareth. Ma non si può impedire al sole di sorgere. Non si può impedire di essere Vita a Colui che può vincere la morte. Non si può impedire di partecipare la Vita a Colui che è la sorgente della Vita. Nulla è più vivo di Dio. E in quell’ultima sera, nell’Eucaristia, Gesù dice: «Ora siete me!» Gesù è vivo in noi!
Cari Giovani, voi potete essere dei geni, degli organizzatori, degli inventori, gente famosa, uomini e donne di successo… Ma tutto questo è niente davanti alla possibilità di essere uno strumento nelle mani di Dio.
Non potete avere una vita sterile, che avvizzisce ogni giorno un po’ di più. Potete, al contrario, essere carichi di frutti. È una vostra responsabilità: «Il Padre mio è il contadino - spiega Gesù - Ogni ramo che è in me e non dà frutto, egli lo taglia e getta via, e i rami che danno frutto li libera da tutto ciò che impedisce di dare frutti più ab¬bondanti. Voi siete già liberati grazie alla Parola che vi ho annunziata».
Potete essere la bocca attraverso cui Dio continua a parlare agli esseri umani, strumenti per annunciare la vera libertà. Potete essere gli occhi che sanno vedere nell’oscurità del mondo per poi indicare agli altri la presenza di Dio e il suo Regno. Potete essere gli orecchi che in mezzo ai rumori e alle musiche degli iPod riescono a sentire ciò che non sembra più udibile: la voce di chi piange, di chi implora aiuto, di chi invoca rispetto e dignità e di chi chiede giustizia e pane. Potete essere le mani e i piedi per andare incontro alle persone e sollevarle e rimetterle in piedi nel nome di Gesù. E scoprirete di aver ricevuto molto di più di quanto siate riusciti a dare.
Questo è il segreto della felicità. «La felicità sta da un’altra parte, dalla parte che non pensate, dice Gesù. La felicità si costruisce solo con Dio».
Lo aveva già annunciato una giovane ebrea a Nazareth, sua madre, prima che egli nascesse: «Canterò la mia canzone più bella per il mio Dio perché Lui è potente. Ha fatto in me grandi cose, santo è il suo nome. La sua misericordia resta per sempre con tutti quelli che lo servono. Ha dato prova della sua potenza, ha distrutto i superbi e i loro progetti. Ha rovesciato dal trono i potenti, ha rialzato da terra gli oppressi. Ha colmato i poveri di beni, ha rimandato i ricchi a mani vuote».
Dio sta dalla parte degli sconfitti, dei poveri, dei tormentati, dei puri e dei pacifici. «Felici, gioiosi, beati, in pace, in armonia con se stessi, con il mondo e con Dio sono i poveri, perché hanno le mani e il cuore aperti per ricevere i doni di Dio e hanno fiducia nella sua forza. Beati quelli che hanno il cuore puro che non conosce l’egoismo, che non ruota intorno a se stesso, ma guarda Dio. Beati quelli che costruiscono la pace e lottano per la giustizia.
«Voi siete il sale della terra, e quindi potete impedire che questo mondo si corrompa. Dovete essere fiaccole accese perché c’è ancora troppo buio in questo mondo. Non vi è chiesto semplicemente di portare una luce. Dovete essere voi la luce! Voi dovete essere fuoco e per dare luce dovete consumare voi stessi, come il tronco che arde».
Beati siete voi se decidete di camminare con Gesù, se accettate il rischio di trasformare in luce i vostri sogni; ma soprattutto sarete felici se rimarrete in Lui e non semplicemente con Lui. Liberi per portare frutti, cioè le opere visibili di un amore concreto, fatto di verità, di dedizione, di sacrificio totale della vita, se ciò è necessario.
Nell’ultima sera, Gesù si alzò in piedi, si tolse il mantello e si legò ai fianchi un grembiule. Poi versò dell’acqua in una bacinella e si mise a lavare i piedi ai suoi discepoli e ad asciugarli con il suo grembiule. Così come facevano gli schiavi. Subito dopo disse: «Quello che ho fatto io, fatelo anche voi, gli uni gli altri».
Formate un popolo di persone che si amano, perché vedendo voi incomincino a credere a Dio.
Noi siamo un nuovo popolo. Noi siamo la Famiglia di Dio, noi siamo la vera vite che il Padre cura con amore. Riceviamo la linfa dello Spirito da Gesù e siamo i tralci che portano frutto… Noi ci chiamiamo Benedetto di Norcia, Francesco d’Assisi, Domenico di Guzman, Ignazio di Loyola, Teresa di Gesù, Francesco di Sales, Don Bosco, Madre Mazzarello, Don Rua, Domenico Savio, Laura Vicuña, Monsignor Versiglia, Callisto Caravario, Giuseppe Calasanz, Giuseppe Kowalski, Zeffirino Namuncurá, Giovani Martiri dell’Oratorio di Poznań, Piergiorgio Frassati, Madre Teresa di Calcutta, Damiano de Veuster, Giuseppe Quadrio, Nino Baglieri... Noi…Siamo tanti. Una Famiglia che ogni giorno accoglie la Parola. Una vite che ogni giorno offre i frutti dello Spirito.
Camminate perciò a testa alta. Avete la vostra vita in mano. Avete piena consapevolezza di voi stessi. Rimanete in piedi, anche soli, anche di fronte ad una moltitudine. Potete chinarvi solo davanti a Dio e per sollevare coloro che sono caduti. Amate Dio con tutto il cuore e le persone che vi vivono accanto come voi stessi.
Gesù concluse il suo discorso sulla montagna con queste parole: «Chi mette in pratica ciò che io dico è una persona avveduta che ha costruito la sua casa sopra una roccia. E quando è arrivato un nubifragio e i fiumi sono straripati e la tempesta si è abbattuta sulla casa, essa è rimasta intatta, poiché le sue fondamenta furono scavate nella roccia.
Chi però ascolta le mie parole e non le mette in pratica è stolto come chi ha costruito la propria casa sulla sabbia. E quando è venuta la pioggia ed i fiumi sono usciti dagli argini e la tempesta ha infuriato sulla casa, essa si è spezzata ed è andata in frantumi».
Badate bene a voi stessi: costruite la vostra vita sulla roccia o sarete sbriciolati.

«Don Pascual, Gesù pretende tutto questo da noi?»
Servire Dio è molto semplice. Dio non è un tiranno. Dio parla con voi come un padre ed un amico.
«Non siete voi che avete scelto me come amico, ma sono io che ho scelto voi e vi ho reso miei amici. Così il vostro lavoro crescerà e produrrà dei frutti che dureranno per l’eternità. Se seguirete la via che vi mostro - dice Gesù - vedrete che è bello appartenere a Dio e che il carico che la fede vi chiede di portare non è pesante».
Dovete riprendere fiato, sollevarvi, dovete sentirvi persone libere. Il mio messaggio è un invito ad una festa. La vostra vita è fatta per la festa, e noi tutti stiamo andando ad una festa. Il futuro è una tavolata piena di gioia tra amici e Dio farà festa con noi.
Gesù dice che la sua parola è seminata dentro di voi, come in un campo, ma il cuore umano è un terreno difficile e complicato, travagliato da durezze e soffocato da sterpaglia spinosa.
Eppure voi siete il campo. Se incominciate ad ascoltare la Parola potrete trovare qualcosa di prezioso.
Potrete trovare, prima di tutto, voi stessi. E troverete Dio dentro di voi. «Non dovete avere paura, ma non potete fare nulla senza di Lui. E Lui ha bisogno di voi».
Egli ci conosce molto bene, esattamente come siamo. Conosce il singolare mondo di tenebre e di luce che è dentro di noi; meglio di noi conosce quel misterioso miscuglio che noi siamo.
Sa di cosa siamo capaci. Gli altri possono restare delusi, perché hanno fatto dei sogni su di noi e ci proiettano nel loro ideale. Dio invece non è mai deluso. Perché colui che Lui ama sono io, come sono oggi…!
Dio non vive nell'avvenire e non vive nel passato, ma nel presente. Egli è il presente e mi vede nella mia realtà presente.
Anche gli amici di Gesù pensavano che bisognasse essere grandi e potenti per realizzare il Regno di Dio; Lui invece disse: «Per essere utili a Dio dovete essere piccoli, come un bambino».
Un bambino è un essere che ha ancora di fronte a sé il proprio futuro. Un bambino è fatto di sogni e di fiducia.
Camminate diritti, a testa alta. Avete un futuro davanti a voi e vale la pena andargli incontro. I bambini sono deboli: ciò che loro manca di più è soprattutto la forza. Hanno però fiducia. E quando tutto va bene sanno di essere amati.
E hanno davanti a sé il futuro. Voi avete una parola da dire nella vostra vita e con la vostra vita. Una parola di consolazione, una parola liberatoria, una parola di speranza, aperta verso il futuro. Abbiate il coraggio di pronunciarla. Abbiate il coraggio di essere ciò che siete e siatelo integralmente: persone autentiche, libere, che hanno una vocazione.
Non abbiate paura! Andiamo con coraggio verso l’altra riva.
Quest’oceano di pericoli e minacce è davvero molto grande e la nostra barca è piccola e fragile. Ma sulla nostra barca portiamo Gesù, il Figlio di Dio. Chi può farci paura?
Cari giovani, vi voglio bene ed ho accolto la vostra richiesta di farvi vedere Gesù. Ve l’ho fatto vedere e vi ho portati da Lui. Mi auguro che ora possiate confessare come i discepoli del Battista: «Abbiamo trovato il Cristo», e vi diate da fare per condurre altri a Gesù.
Concludo lasciandovi con la preghiera del Card. Newman. Fatela vostra e traducetela in programma di vita.

NELLE TUE MANI
Mi metto nelle tue mani, Signore, interamente.
Tu m’hai creato per te.
Non voglio più pensare a me,
ma solo seguirti.
Che cosa vuoi che io faccia?
Permettimi di fare la strada con te,
di accompagnarti sempre,
nella gioia e nel dolore.
Consegno a te desideri, piaceri,
debolezze, progetti, pensieri
che mi trattengono lontano da te
e mi ripiegano continuamente su di me.
Fa’ di me ciò che vuoi!
Non discuto sul prezzo.
Non cerco di sapere in anticipo
i tuoi disegni su di me,
voglio ciò che tu vuoi per me.
Non dico: «Dovunque andrai, io ti seguirò!»,
perché sono debole.
Ma mi dono a te perché sia tu a condurmi.
Voglio seguirti nell’oscurità,
non ti chiedo che la forza necessaria.
O Signore, fa’ ch’io porti ogni cosa davanti a te,
e cerchi ciò che a te piace
in ogni mia decisione
e la tua benedizione su tutte le mie azioni.
Come una meridiana non indica l’ora
se non con il sole,
così io voglio essere orientato da te:
tu vuoi guidarmi e servirti di me.
Così sia, Signore Gesù!
(card. J.H. NEWMAN )
Con affetto e stima grande.
Roma, 31 gennaio 2010
Don Pascual Chávez V., SDB
Rettor Maggiore

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